Sì alle Regioni parte civile nei delitti di mafia
Con la sentenza n. 41/2019 la Corte costituzionale ha sancito un principio importante: le Regioni che hanno stabilito per legge l’obbligatorietà della costituzione di parte civile nei processi penali celebrati per delitti di criminalità organizzata di stampo mafioso commessi nel territorio regionale, hanno diritto a farlo perchè non si sovrappone alle norme che disciplinano il processo penale.
Una novità di enorme interesse che mette al riparo le regioni come Piemonte, Puglia, Umbria, Liguria e Sicilia che hanno una norma del genere, e che al contempo offre una nuova prospettiva a quelle che ad oggi prevedono solo la facoltà di costituirsi parte civile e non l’obbligo, soprattutto alla luce dei recenti fatti di Cantù (ma non è un caso isolato) quando nè il Comune nè la Regione Lombardia si costituirono creando quel clima di isolamento intorno ai pochi testimoni che oggi purtroppo ritrattano a seguito di intimidazioni e minacce.
E’ fondamentale che le Istituzioni siano le prime ad esporsi in casi e processi di mafia per manifestare la propria vicinanza e protezione alle vittime e ai testimoni.
Fonte: Italia Oggi del 9.03. 2019 di Francesco Cerisano
Le regioni possono costituirsi parte civile nei processi penali riguardanti delitti di stampo mafioso commessi nel territorio. Le leggi regionali che prevedono questo obbligo non incidono sul potere del giudice di valutare la legittimazione dell’ente a costituirsi parte civile né tantomeno si sovrappongono alle norme dell’ordinamento che fondano l’azione risarcitoria e ne disciplinano l’esercizio nel processo penale.
Lo ha deciso la Corte costituzionale nella sentenza n. 41/2019 (redattore Giulio Prosperetti) depositata ieri in cancelleria. La Consulta ha respinto, dichiarandolo non fondato, il ricorso della presidenza del consiglio dei ministri contro l’art.2, comma 1 della legge del Veneto n. 1/2018.
Secondo palazzo Chigi la norma sarebbe stata incostituzionale, per violazione dell’art.117 Cost. in quanto avrebbe violato la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia dell’ordinamento penale, contrastando con l’art. 74 del codice di procedura penale secondo cui il titolare dell’azione civile ha una mera facoltà e non un obbligo di costituirsi parte civile nel processo.
Secondo la Consulta, tuttavia, alla legge regionale veneta “non può attribuirsi alcun rilievo di carattere ordinamentale o processuale, non incidendo essa né sul potere del giudice di valutare la legittimazione della regione a costituirsi parte civile nel processo penale, né potendosi ritenere che essa si sovrapponga a quelle norme dell’ordinamento che fondano l’azione risarcitoria e che ne disciplinano l’esercizio nel processo penale”.
Ad avviso dei giudici delle leggi, dunque, la norma impugnata “esaurisce la sua funzione all’interno della regione” e, in quanto tale, “appare espressione, del tutto legittima, del potere di indirizzo politico-amministrativo spettante al consiglio regionale nei confronti degli altri organi dell’ente”.
Da ultimo la Consulta ha osservato che la legge regionale veneta impugnata replica il contenuto di identiche disposizioni di leggi di altre regioni (Piemonte, Puglia, Umbria, Liguria e Sicilia) che hanno stabilito l’obbligatorietà della costituzione di parte civile nei processi penali celebrati per delitti di criminalità organizzata di stampo mafioso commessi nel territorio regionale. Dichiarato infondato il ricorso contro la legge Veneta, anche le altre leggi regionali sulla materia possono dirsi al riparo da declaratoria di incostituzionalità ai sensi dell’art. 117 Cost.