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La giovane infermiera faceva da corriere della droga per i detenuti di San Vittore

Proprio in questi mesi con la Commissione Antimafia regionale stiamo portando avanti una Indagine conoscitiva sul traffico illecito di stupefacenti con un focus sulle nuove sostanze sintetiche. Tra i tanti temi emersi, anche quello dello spaccio in carcere che ci ha imposto una approfondimento tramite una serie di audizioni. Prossimamente ascolteremo la polizia penitenziaria e il il Provveditore dell’amministrazione penitenziaria della Lombardia, Pietro Buffa. Un fenomeno che non accenna a diminuire e che sa come approfittare della complicità di soggetti esterni e della tecnologia. Un caso emblematico questo di San Vittore dove la corriere era una giovane infermiera che lavorava proprio nel settore dei tossicodipendenti del carcere, con l’aggravante, pertanto, di aver vanificato la funzione di cura dei detenuti tossicodipendenti, da lei facilitati nel continuare a fare uso di droga. 

Carcere di San Vittore

Fonte: La Repubblica Milano del 11.11.2020

Le dosi da portare in carcere erano «profumi». «E quindi un 100 ml lo riusciamo a procurare?», diceva uno dei detenuti intercettato. Il giro di spaccio all’interno di San Vittore andava avanti da qualche mese. Con la droga che entrava dentro il carcere grazie alla complicità di una giovane infermiera, trait d’union tra chi si procurava la merce fuori dal penitenziario e i due detenuti che smistavano le dosi tra le celle. Una pedina fondamentale, visto che la ragazza, 28 anni, entrava liberamente nell’istituto, senza essere controllata.

A far partire l’indagine del Nic, il Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria, coordinato dal pm Paolo Storari, una fonte confidenziale che ha rivelato come all’interno del carcere ci fossero due telefoni cellulari «utilizzati nelle ore pomeridiane e notturne per organizzare e gestire il traffico di sostanze stupefacenti». Così ieri sono scattati i provvedimenti, con quattro persone agli arresti e una con l’obbligo di dimora. Destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare due detenuti, Loris Granillo e Daniele Colomeo, che stanno già scontando varie condanne per detenzione e spaccio di droga. Obbligo di dimora, invece, per la madre di Colombo, già condannata per aver portato in carcere droga al figlio. Ora è accusata di aver pagato l’infermiera per il suo ruolo di corriere. L’operatrice sanitaria avrebbe incassato in tutto 1.100 euro. I reati contestati sono detenzione e spaccio di droga e corruzione. Per il gip Manuela Accurso Tagano, quella venuta a galla era un’attività «ben avviata e foriera di non minimi profitti, se si considerano anche i costi della corruzione». Una volta introdotto in carcere dalla giovane operatrice sanitaria, lo stupefacente veniva consegnato ai due detenuti che insieme lo piazzavano «agli altri detenuti, che poi facevano pervenire all’esterno della casa circondariale il dovuto corrispettivo». Ad aggravare la posizione dell’infermiera, arrestata in flagranza di reato nei giorni scorsi, il fatto che lavorasse proprio nel settore dei tossicodipendenti di San Vittore. Per il gip, ha «vanificato la funzione di cura dei detenuti tossicodipendenti, da lei facilitati nel continuare a fare uso di droga».

Documentati diversi episodi di consegna e transito dello stupefacente. «Mi aspetto il regalo che mi hai fatto l’altra volta», diceva intercettato Granillo, il 26 settembre. Fuori dal carcere un suo fornitore era in attesa che l’infermiera intascasse le dosi e le portasse all’interno. Una volta scoperta, anche la giovane complice ha ammesso di aver iniziato a collaborare coi detenuti spacciatori «da luglio, per denaro». Eppure il gruppo era ben strutturato. «L’ingresso della droga in carcere — scrive ancora il gip — impone una meticolosa organizzazione: gli indagati detenuti fanno uso di ben due cellulari, si affidano a più persone, creano una rete di fornitori, riescono a gestire e distribuire i profitti».

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