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Lombardia snodo dei reati ambientali

Intorno al banchetto del reato ambientalesi concentrano le attenzioni diversificate di molteplici attori, provenienti sia da contesti di criminalità organizzata che dal mondo imprenditoriale in senso stretto“. Ad attirarli sono “gli straordinari profitti che la gestione di questo settore consente di realizzare”; a favorirli, le “connivenze e i rapporti corruttivi instaurati con soggetti che rivestono ruoli di rilievo all’interno della pubblica amministrazione“.

Proprio alla luce di tali evidenze, la Commissione antimafia Regione Lombardia ha da poco approvato all’unanimità una risoluzione proprio sul tema del traffico illecito di rifiuti che a breve verrà votata in aula e che prevede molti interventi efficaci in termini di prevenzione e contrasto del fenomeno.

I Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Milano impegnati in una vasta operazione contro lo smaltimento illecito di rifiuti.

Fonte: Avvenire Milano del 09.04.2021 di Luca Bonzanni

La chiamano ecomafia, ma il saccheggio dell’ambiente è sempre più un intreccio indecifrabile di matrici. Perché accanto ai clan si trova un mondo variegato: imprenditori borderline o invece specchiati, colletti bianchi da cui passano le autorizzazioni o amministratori locali conniventi.

La Lombardia resta uno snodo cruciale di questo business, lo raccontano le trame della cronaca e lo confermano i numeri: l’ultimo dossier Ecomafie di Legambiente, basato sui dati delle forze dell’ordine, poneva la Lombardia al primo posto per arresti legati agli illeciti nel ciclo dei rifiuti, 82 in tutto 112019 (l’ultimo dato disponibile), quasi la metà dei 198 scattati nell’intera penisola; 668 in totale i reati denunciati in regione, praticamente due al giorno, per un totale di 873 persone denunciate.

Solo pochi mesi fa nella relazione annuale della Direzione nazionale antimafia, il capitolo dedicato al distretto di Milano condensava le sintesi di cinque inchieste dedicate al traffico di rifiuti. In quel ventaglio si approfondisce ogni sfaccettatura: dal ruolo di personaggi già finiti nel vortice dell’operazione Infinito – il principale colpo alla ‘ndrangheta sferrato in Lombardia nel 2010 – e tornati in auge con il business della monnezza (è il caso del filone sulla Smr Ecologia di Busto Arsizio) al noto copione degli incendi negli impianti di trattamento (le vicende della Rieco di Novate Milanese o dell’Ipb di via Chiasserini in città), passando per il movimento terra e le discariche abusive.

L’inchiesta culminata negli arresti di ieri riporta invece d’attualità un’altra condotta tipica, il “semplice” interramento non di monnezza ma di scorie di lavorazioni, e senza la minima presenza di criminali di professione; una pista investigativa che si è scavata – letteralmente – già altrove, soprattutto nelle inchieste dell’Antimafia di Brescia.

La sintesi efficace su quel che succede anche in Lombardia è dunque sempre in un passaggio dell’ultima relazione della Direzione nazionale antimafia, attualissimo: intorno al banchetto del reato ambientale, scrivono i magistrati, “si concentrano le attenzioni diversificate di molteplici attori, provenienti sia da contesti di criminalità organizzata che dal mondo imprenditoriale in senso stretto“. Ad attirarli sono “gli straordinari profitti che la gestione di questo settore consente di realizzare”; a favorirli, le “connivenze e i rapporti corruttivi instaurati con soggetti che rivestono ruoli di rilievo all’interno della pubblica amministrazione

La conseguenza, oltre all’alterazione “delle regole dell’economia legale e della libera concorrenza” è anche la “compromissione di ambiente e salute pubblica“.

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