Il riciclaggio vale l’1,2% del Pil
II riciclaggio vale circa 210 miliardi, ma solo il 2% di questo patrimonio è sequestrato a causa della scarsa incisività di una azione comune europea. L’Europa cerca un’arma comune per combattere il riciclaggio. Una Babele di regole. La proposta di creare un’Autorità per la Ue doterebbe i 27 Paesi di uno strumento più adatto a contrastare flussi di denaro sporco che attraversano le frontiere là dove oggi le singole authority nazionali hanno norme e risorse diverse.
Fonte: Il Sole 24 Ore del 27.07.2021 di Galullo Roberto e Mincuzzi Angelo
L’Europa della lotta al riciclaggio è una Babele di regole e di authority sotto dimensionate che spesso non si parlano tra loro, quando addirittura non entrano in conflitto. Combattere la criminalità internazionale con queste armi è come cercare di svuotare il mare con un cucchiaio. In Germania la vigilanza antiriciclaggio del settore non finanziario è affidata a soli 15 specialisti, che devono supervisionare oltre un milione di entità. In Croazia è un’unica persona a occuparsi della sorveglianza del settore immobiliare mentre in Olanda – dove il comparto è in espansione da anni – gli specialisti sono 10, come in Belgio. Per non parlare del settore finanziario. Qui le disparità sono evidenti anche solo se si confrontano due Stati membri dell’Unione Europea che hanno un comparto finanziario di dimensioni simili: in Finlandia il personale dell’autorità di vigilanza dedicato all’antiriciclaggio è composto da 10 dipendenti, in Austria sono 27. Ogni Paese sembra andare per la propria strada. Fino al 2019 l’Autorità bancaria europea (Eba) impiegava meno di tre persone a tempo pieno nell’antiriciclaggio. Poi, il piano d’azione del Consiglio Ue ha deciso di rafforzare lo staff con altre quattro risorse dal gennaio 2020 e ulteriori quattro dipendenti dall’inizio del 2021. Ancora troppo poco per chi ha il complesso compito di supervisionare.
LA POSTA IN GIOCO Secondo Europol, una percentuale tra lo 0,71% e l’1,28% del Pil della Ue è «coinvolto in attività finanziarie sospette» tutte le authority bancarie dei 27 stati della Ue. E l’Eba stessa non è in grado di conoscere il numero delle risorse umane che i singoli Paesi impiegano per contrastare il lavaggio di denaro sporco. C’è questo quadro – abbastanza desolante, vista la potenza di fuoco che dall’altra parte criminali ed evasori possono mettere in campo – alla base della decisione della Commissione europea di istituire un’Authority europea antiriciclaggio. Un’iniziativa alla quale ieri il ministro dell’Economia italiano, Daniele Franco, ha ribadito il suo appoggio durante una sessione pubblica dell’Ecofin straordinario, convocato in videoconferenza per dare il via libera ai Pnrr di Croazia, Cipro, Lituania e Slovenia. «Il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo rappresentano minacce concrete nelle nostre società, perciò accogliamo con favore il pacchetto presentato dalla Commissione europea come un passo avanti nella lotta ai flussi finanziari illeciti», ha detto Franco. Che ha aggiunto: «Crediamo che la proposta vada nella giusta direzione. Confido che la nuova cornice fornirà nuovi strumenti efficaci per migliorare le azioni perla mitigazione del rischio». A sintetizzare i motivi di questa scelta è stato il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, il quale ha sottolineato che «sebbene le leggi della Ue in questo settore siano tra le più severe al mondo, non vengono ancora applicate in modo uniforme tra gli Stati membri. Ci sono anche scappatoie che devono essere evitate. La nuova autorità coordinerà le autorità di vigilanza nazionali dell’Unione, ma non le sostituirà, supervisionerà direttamente solo alcune delle istituzioni finanziarie più rischiose che operano in più paesi della Ue. Abbiamo anche bisogno di un unico insieme di norme per appianare le variazioni nazionali e per chiarire, rafforzare e allineare gli obblighi in materia di antiriciclaggio in tutti i Paesi della Ue», ha aggiunto Dombrovskis. Secondo Europol, una percentuale tra lo 0,71% e l’1,28% del Pil della Ue è «coinvolto in attività finanziarie sospette». Solo nel 2019 questa quota di Prodotto interno lordo ammontava a un valore compreso tra 117 e 210 miliardi di euro di attività sospette e di transazioni che avvengono attraverso il sistema finanziario dei Paesi membri. Solo una parte infinitesimale di questo enorme fiume di denaro viene intercettata dalle autorità dei singoli Paesi, appena il 2% di questi patrimoni viene sequestrato e solo l’1%, alla fine, viene confiscato. Un problema enorme, vista anche la grande quantità di denaro sospetto fuoriuscito dalla Russia da quando Vladimir Putin è al potere.
Le stime parlano di mille miliardi di dollari, parte dei quali sono entrati in Unione Europea attraverso le banche dei Paesi baltici, come ha dimostrato lo scandalo della Danske Bank, alla base dell’accelerazione che ha portato la Ue a decidere la creazione dell’Authority europea antiriciclaggio. La filiale estone della banca danese aveva gestito tra il 20o7 e il 2015 un flusso sospetto di 200 miliardi di euro di soggetti non residenti, in gran parte della Federazione russa e delle ex repubbliche sovietiche. La mancata collaborazione tra le autorità di vigilanza estoni e danesi ha influito sulla loro capacità di bloccare il flusso di fondi sospetti e di rimediare alle carenze della banca. Anzi, dopo l’esplosione dello scandalo – forse il più importante della storia bancaria europea – tra la Fsa danese (l’autorità di sorveglianza del Paese) e la Estonian Supervisory Authority (Efsa) sono volati gli stracci, sebbene nel compassato linguaggio formale, con i danesi che accusavano gli estoni di non aver vigilato sulla filiale di Tallinn della Danske e i baltici che rispedivano al mittente le accuse.
Un problema analogo si è verificato anche per la svedese Swedbank, dove le transazioni sospette sono state di 37,7 miliardi di euro. Qui, un report interno commissionato a Clifford Chance ha messo in evidenza che le diverse filiali della banca procedevano ognuna per conto proprio quanto alla valutazione dei rischi sui nuovi clienti. Dopo questi scandali la Commissione Ue ha deciso di considerare il riciclaggio una priorità. Così da gennaio 2020, quando gli Stati membri avrebbero dovuto recepire le norme più recenti in materia di antiriciclaggio, la Commissione ha aperto 23 casi di infrazione per mancata comunicazione o comunicazione parziale di recepimento, ha deferito tre Stati membri alla Corte di Giustizia europea e ha emesso cinque pareri motivati per il recepimento incompleto delle norme. Quattro Stati membri hanno ricevuto lettere di messa in mora per aver omesso un corretto recepimento della normativa. Inoltre, nel maggio 2020 la Commissione ha proposto al Consiglio di formulare raccomandazioni sul tema per n Stati membri. Anche gli strumenti delle autorità di vigilanza nazionali che hanno poteri di antiriciclaggio sono una Babele. La Banca d’Italia, per esempio, ha il potere di emettere sanzioni amministrative, ed è andata oltre le sanzioni previste dalla direttiva antiriciclaggio (vale a dire 5 milioni di euro), quando il beneficio è più elevato (la sanzione è al massimo il doppio dell’importo del beneficio ottenuto). In Estonia, invece, le sanzioni amministrative previste sono considerate troppo basse ed è in corso un processo per aumentare le penalità. Nel settore non finanziario, il ministero irlandese della Giustizia può impartire istruzioni per conformarsi o revocare autorizzazioni, ma non ha il potere di emettere sanzioni amministrative.
Allo stesso modo, i supervisori danesi delle professioni legali non hanno il potere di irrogare sanzioni pecuniarie nei confronti dei professionisti vigilati. Allo stesso modo, non tutte le Financial Intelligence Unit (Fiu) condividono le stesse armi. Ad alcune, come la finlandese e la greca, sono stati conferiti anche poteri amministrativi per il congelamento dei beni per un certo periodo di tempo. Secondo l’Eba, questa mancanza di omogeneità delle sanzioni provoca dei paradossi: sono stati riscontrati casi in cui le banche non hanno adottato misure correttive antiriciclaggio in seguito all’irrogazione di multe perché l’importo delle ammende stesse era basso e veniva considerato un costo dell’attività bancaria.
LA CANDIDATURA DELL’ITALIA Nelle scorse settimane l’Associazione bancaria italiana è scesa in campo per chiedere al Governo di operare perché la sede della futura autorità europea anti-riciclaggio possa essere assegnata all’Italia. In una lettera (vedi il Sole 24 Ore dall’11 giugno scorso), l’Abi ricorda come Francia e Germania siano già sedi di organismi importanti