L’analisi – La legalizzazione non aiuta a colpire il traffico di stupefacenti
In Parlamento è stato depositato un testo che depenalizza la coltivazione di massimo quattro piante di cannabis. Un tema dibattuto da tempo che si apre a molteplici posizioni, ma che di certo merita un approfondimento e che ci deve indurre al confronto e al dibattito.
Qui vi propongo un’analisi sul perché liberalizzare le droghe leggere non sarebbe solo diseducativo e dannoso per la salute, ma spiega anche perché la legalizzazione non aiuterebbe a colpire il traffico di stupefacenti.
Fonte: Il Tempo di Andrea Amata del 15.09.2021
Il dibattito remoto e ricorrente sulla depenalizzazione della cannabis, come primo atto propedeutico alla sua legalizzazione, genera le tradizionali divergenze fra i pro e i contro. In Parlamento giace un testo che depenalizza la coltivazione di massimo 4 piante di cannabis e per esercitare una pressione sull’inerzia legislativa, che pare aleggiare sulla materia, si è avviata un’iniziativa referendaria a cui hanno aderito i partiti +Europa, Possibile, Radicali italiani, Sinistra italiana, Rifondazione comunista e Potere al Popolo.
Le ragioni che spingono i promotori a raccogliere le firme per la mobilitazione referendaria sono dettate da nobili motivazioni come la lotta al traffico criminale di stupefacenti, ma l’equazione fra legalizzazione della cannabis e contrasto alla malavita è una semplificazione propagandistica che può determinare effetti devastanti sulla società. Combattere le mafie tentando di prosciugare le loro fonti di profitto è un dovere che lo Stato deve perseguire, tuttavia ciò che incarna un danno (la criminalità) non si neutralizza promuovendo altro danno (le droghe).
È dimostrato che le cosiddette droghe leggere provocano dipendenze che agiscono in modo coercitivo sulle loro vittime, generando quell’impulso implacabile che il soggetto sente l’irrefrenabile bisogno di appagare. Rendere legale l’uso di sostanze psicotrope significa liberarle dello stigma di nocività come se lo Stato ne autorizzasse e stimolasse la fruizione. Alcuni studi hanno confermato che esiste una relazione fra l’uso di sostanze ricreative e l’escalation successiva nell’assunzione di sostanze pesanti. Pertanto, il legislatore non può sottovalutare la “teoria del passaggio” che descrive il rischio che conduce il consumatore di droghe leggere a sperimentare l’impiego di narcotici altamente deleteri. L’argomento utilizzato dai sostenitori della legalizzazione contro il mercato illecito degli stupefacenti non considera l’attitudine della criminalità di sviluppare un mercato parallelo, sottovalutando, peraltro, la poliedricità del fenomeno mafioso che attinge rendite da vari settori dell’illegalità. Le droghe leggere costituiscono una piccolissima percentuale del volume di affari della criminalità organizzata che, in caso di legalizzazione, manterrebbe il vantaggio competitivo sullo Stato, potendo raggiungere la fascia di età dei minorenni e applicando un listino concorrenziale rispetto ai vincoli commerciali e ai costi di produzione dell’autorità statale.
Dunque, il mercato nero continuerebbe a sopravvivere con le sue quote non erodibili dal “monopolio” dello Stato. Il legislatore nel tempo della pandemia dovrebbe occuparsi di altre priorità, orientando la propria attività al benessere dei cittadini e non legittimando le droghe fra i giovani. Una democrazia autentica non semplifica l’accesso alle sostanze dannose, semmai ribadisce con puntiglio inflessibile la lotta ai trafficanti di morte ed educa i ragazzi al rispetto della vita veicolando messaggi dissuasivi sul consumo delle droghe.
Lo Stato non dovrebbe incentivare l’uso di sostanze che alterano il rapporto con la realtà, scavando nell’esistenza di tanti ragazzi una voragine di devastazione sociale che spesso inghiotte anche le famiglie a cui appartengono. La politica dovrebbe pensare a provvedimenti che rendano i giovani indipendenti nella comunità in cui vivono attraverso il lavoro, anziché introdurre il rischio che possano cadere ostaggio di dipendenze da affidare alla cura delle comunità di recupero