Trentamila società “bucalettere” per il domicilio dei traffici illeciti
Le chiamano “bucalettere” le società per il domicilio dei traffici illeciti. Da Ginevra al Canton Ticino decine di migliaia di imprese fantasma senza uffici né impiegati ma solo una targhetta sulla casella postale.
In Svizzera, infatti, la legge contro il riciclaggio di denaro, approvata nel 1997, non vale per gli studi legali, i fiduciari e le fondazioni. In poche parole tiene al riparo dalle conseguenze gli avvocati d’affari. Il risultato di questo vuoto legislativo è la presenza, in diversi cantoni, di ben 33 mila società bucalettere, ovvero senza uffici e impiegati ma solo con un domicilio, attraverso il quale si consumano molti affari illeciti.
Fonte: La Repubblica Affari & Finanza del 25.10.2021 di Franco Zantonelli
Un Paese virtuoso ma solo fino a un certo punto. Nominalmente non più una piazza finanziaria offshore ma, nei fatti, ancora con la possibilità di fare da tramite a quei traffici loschi che, per anni, ne avevano deteriorato l’immagine. Caduto il segreto bancario, dal 2018 la Svizzera ha iniziato a liberarsi degli evasori fiscali di mezzo mondo che, grazie al segreto bancario, avevano depositato migliaia di miliardi nei forzieri delle sue banche. Tre anni fa, grazie all’introduzione dello scambio automatico di informazioni fiscali con un centinaio di nazioni, in particolare tutte quelle dell’Unione Europea e gli Stati Uniti, la Confederazione è diventata un Paese rispettabile. Tanto che, nel 2019, è uscita dalla lista dei paradisi fiscali. Insomma, i mitici “gnomi” della Banhostrasse di Zurigo, quei personaggi misteriosi e dall’allure vagamente canagliesca che, da sempre, avevano guidato gli istituti di credito elvetici, sono spariti per far posto a top manager internazionali, aperti al mondo e a una finanza non più solo da intendersi come un meccanismo che impoverisce milioni di persone, per arricchirne poche migliaia. Anche se, di recente, il ceo di Ubs, in un video indirizzato ai dipendenti della banca, ha ammesso che «più abbiamo successo, più effettivamente contribuiamo alla disuguaglianza nel mondo».
Ma non è tutto oro quello che luccica. In Svizzera, infatti, la legge contro il riciclaggio di denaro, approvata nel 1997, non vale per gli studi legali, i fiduciari e le fondazioni. In poche parole tiene al riparo dalle conseguenze gli avvocati d’affari. Il risultato di questo vuoto legislativo è la presenza, in diversi cantoni, di ben 33 mila società bucalettere, ovvero senza uffici e impiegati ma solo con un domicilio, attraverso il quale si consumano molti affari illeciti. Più che altro, visto che avvocati, notai e fiduciari sono esentati dalle norme anti-riciclaggio, le società bucalettere hanno rilevato parte del lavoro sporco che, in precedenza, si assumevano le banche. Oltre 13 mila di queste “conchiglie vuote”, come le ha definite l’Ong Public Eye, che ha dato visibilità al fenomeno in concomitanza con l’uscita dei Pandora Papers, si trovano a Ginevra, mentre il Canton Ticino ne ospita 9.816. Fanno la loro parte anche Zurigo, Friburgo e Zugo. «Le società bucalettere – spiega l’organizzazione non governativa – sono domiciliate presso stabili fantasma e fanno capo a studi legali che offrono un servizio di segreteria telefonica per 99 franchi al mese», circa 94 euro.
È pur vero, ammette sempre Public Eye, che non tutte queste società bucalettere servono a mascherare comportamenti illegali, ma è altrettanto vero che, il più delle volte, proprio per quello sono state create. Ad esempio cita una società di Zugo, Zeromax, utilizzata per alimentare le lussuose e stravaganti abitudini di vita di Gulnara Karimova, figlia dell’ex dittatore uzbeko Islom Karimov. Il record delle società bucalettere ce l’ha, pero, il Moesano, una piccola regione di lingua italiana situata a Sud del Canton Grigioni, al confine con il Canton Ticino. Nel 2020 ne sono state recensite ben 1.600, una ogni cinque abitanti. Tanto che il governo grigionese, preoccupato del rischio di infiltrazioni mafiose, ha dato avvio a un’azione di monitoraggio, con la collaborazione di Fedpol, la polizia federale elvetica.
In realtà quel microcosmo italofono dei Grigioni serve da sponda a commercialisti, fiduciari e avvocati del Canton Ticino. «Il Ticino, soprattutto Lugano e Chiasso, pullula di ingegneri bucalettere, ovvero di esperti in strutture societarie, attive nei paradisi fiscali», spiega a Repubblica l’avvocato Paolo Bernasconi, padre della legge svizzera anti-riciclaggio. «Una legge continuamente rappezzata perché l’Ocse, periodicamente, ne denuncia le lacune». Per quale motivo c’è resistenza ad applicarla agli avvocati d’affari? «Perché sono strumenti attrattivi per coloro che continuano a sfruttare la Svizzera per nascondere i loro traffici – dice Bernasconi – Queste società servono anche per depistare i tentativi di prevenzione della lotta alla criminalità organizzata». «Gli `ndranghetisti – ha dichiarato non a caso di recente il Procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, al Corriere del Ticino – sono venuti qui per approfittare della vostra ricchezza e cercare di succhiarla». E lo strumento delle società bucalettere, con la collaborazione di studi legali e finanziari senza scrupoli, sembra fatto apposta per conseguire l’obbiettivo.
Uno dei canali utilizzati per riciclare soldi da parte di ambienti al confine tra il lecito e l’illecito è quello dell’edilizia. Sempre nel Moesano sono nate, da un giorno all’altro, numerose imprese, di cui la locale società degli impresari edili sa poco o nulla. «Queste imprese – ha detto Andreas Felix, presidente dell’associazione costruttori del Canton Grigioni – proprio non le conosciamo. Noi ci limitiamo a controllare il rispetto dei contratti collettivi di lavoro, per quanto riguarda il riciclaggio non è compito nostro indagare, spetta agli organi dello Stato». Anche l’ispettorato del lavoro, però, è impotente. Con il risultato che un tizio pub iscrivere al registro di commercio una ditta, spacciandola per impresa edile, nonostante sia priva di macchinari e personale. Un esempio perfetto di società bucalettere. «Registrare società bucalettere non è reato, noi interveniamo solo in presenza di elementi che ci facciano sospettare una violazione di legge», dice Barbara Hubschmid, responsabile della polizia criminale dei Grigioni.