Armi, soldi sporchi e tratta di donne. L’affare della guerra che fa gola alle mafie
L’invasione in Ucraina e le sanzioni alla Russia aprono un business parallelo. L’allarme dei magistrati e il piano per fermare l’assalto ai fondi europei per l’accoglienza. Gli scafisti russi e ucraini pronti alla tratta di donne e bambini. Ecco i rischi già annunciati verso i quali è necessario un atteggiamento attento di monitoraggio e prevenzione per non arrivare come sempre tardi rispetto alle criminalità organizzate.
Fonte: LA REPUBBLICA del 29.03.2022 di Giuliano Foschini e Alessandra Ziniti
Quando, qualche giorno fa, un contabile brianzolo ha dato disposizione di trasferire tutto il contante della società immobiliare di cui era rappresentante sul conto corrente di una società a Cipro, chi indagava su quell’azienda ha avuto una conferma: lì dietro non c’erano soltanto i calabresi, come sospettavano. Ma anche qualche finanziatore russo.
Perché quel movimento intercettato non è l’unico che da qualche settimana a questa parte chi segue i flussi finanziari in Italia ha cominciato a vedere: il conflitto in Ucraina e le sanzioni ai ricchi di Mosca, ha aperto in Italia come nel resto del mondo un business parallelo. Il grande affare della guerra. Un affare che nel nostro Paese, inevitabilmente, fa rima con la parola mafia. «Il governo — ha spiegato il ministro della Giustizia, Marta Cartabia — è perfettamente consapevole che il conflitto armato può costituire un’occasione per aprire un varco pericoloso agli affari criminali delle mafie. Non ci faremo trovare impreparati». Questo perché già da settimane i magistrati della Dna, gli investigatori scelti di Finanza, Carabinieri e Polizia hanno preparato un piano di attacco e prevenzione a quello che potrebbe accadere nelle prossime settimane. Riciclaggio di capitali russi in Italia. Lavoro sulle criptovalute. Traffico di armi, verso il conflitto ma soprattutto dal conflitto. Tratta. Business dell’immigrazione. E soprattutto ricostruzione. «Perché le mafie — spiega Federico Cafiero de Raho, procuratore nazionale antimafia — come sempre guardano avanti: mentre noi pensiamo a quello che accade oggi loro già lavorano per quello che succederà domani».
Il riciclaggio
Il primo punto della questione riguarda, evidentemente, il denaro. Come documentano i dati dell’Uif, l’Unità di informazione finanziaria di Banca d’Italia, lo scorso anno nel nostro Paese sono arrivati bonifici diretti dalla Russia per 13 miliardi di euro, cinque dei quali “sospetti”. Frutto cioè di un possibile lavoro di riciclaggio. Ma a cosa sono serviti tutti questi soldi? A comprare di tutto. Immobili per lo più di lusso come dimostrano i sequestri effettuati dalla Guardia di Finanza in questi giorni (valore: un miliardo di euro, record in tutta Europa). Pacchetti azionari di aziende. Alberghi e ristoranti. O depositando liquidità importante sui conti correnti.
La questione è che tutto questo patrimonio rischia oggi di essere aggredito: tre giorni fa Banca d’Italia ha inviato una comunicazione con la quale chiede a tutti gli istituti di credito di segnalare i depositi superiori ai centomila euro in capo a cittadini russi e bielorussi. In questo senso un aiuto importante potrà arrivare da chi — e camorra e ‘ndrangheta lo fanno benissimo — lavora con le criptovalute: quello che i russi stanno provando a fare, visto che non è soggetta a sanzioni, è trasformarla in moneta corrente.
Le armi
«Ma l’oro della guerra non è il denaro. Sono invece le armi» dice Cafiero de Raho. «È quella la grande opportunità che i nostri clan oggi vedono». «Il conflitto in Bosnia — spiega Nicola Gratteri, procuratore antimafia di Catanzaro — è stato una manna per le mafie. Ancora oggi gli arsenali sono costituiti per lo più da residuati post bellici. La cocaina costa di meno se scambiata con un kalashnikov. Ecco, il conflitto in Ucraina è una grande opportunità soprattutto per questo». Non quindi, armare la guerra. Ma armarsi dalla guerra. «Ma le mafie — continua Cafiero — stanno già immaginando come fare soldi tra un po’: in questo la ricostruzione sarà una grandissima opportunità».
I fondi europei
Una sorta di network mafioso in cui ‘Ndrangheta, Cosa Nostra e Camorra hanno deciso una “coabitazione organizzata” per aggredire gli enormi flussi di denaro pubblico in arrivo ha già collaudato un meccanismo per inserirsi nella progettualità del Pnrr da adattare velocemente al nuovo grande affare in vista: quello dell’accoglienza dei profughi ucraini. Solo in Italia sono già 428 i milioni stanziati dal governo, 3,5 miliardi quelli della Ue che verranno redistribuiti tra gli stati membri a seconda del numero di rifugiati accolto.
«I network mafiosi — è l’analisi degli investigatori dei carabinieri — sono proiettati all’aggressione di questi fondi nei settori in cui sono già operativi, transizione ecologica e salute». A cui potrebbe presto aggiungersi la gestione dell’accoglienza dei profughi. In Italia sono già partiti i bandi per l’aumento dei posti, con una rete di strutture alternative ai Cas, dagli alberghi mai riaperti dopo il lockdown a strutture residenziali assistite ad associazioni polifunzionali che sfuggono alle maglie degli enti certificati del Terzo Settore. Giovedì a L’Aja, nella sede di Europol, si riuniranno i vertici delle polizie di tutta Europa che lavorano alla difesa dei fondi di Next generation Eu. Già 11 le operazioni sospette intercettate nei mesi scorsi. «La scommessa – dice il vicecapo della Polizia Vittorio Rizzi – è anticipare la minaccia. Se arriviamo tardi, falliamo. L’obiettivo è scambiarci dati di intelligence che precedono l’avvio delle inchieste giudiziarie».
La tratta di donne e bambini
Gli scafisti ucraini e russi hanno già sostituito le barche a vela con i pullman e da giorni fanno la spola soprattutto dal confine moldavo e romeno verso destinazioni europee. Costo del biglietto fino a 500 euro a passaggio per gli adulti, 200 per i bambini. Le segnalazioni al Servizio Cooperazione internazionale di Polizia dei reati di tratta si susseguono. «Ci sono decine di minivan, e non sono volontari, che fanno avanti indietro offrendo passaggi ai profughi e portano via tutti i risparmi solo per il passaggio. Ma soprattutto non sappiamo dove li portano — dice un investigatore — e anche decine di annunci sospetti sui social di gente che offre sistemazioni a giovani donne sole o con bambini sono indizi sufficienti a farci pensare che la tratta sia cominciata».
Ad averne preso subito le redini sarebbero le organizzazioni ucraine e russe da anni molto attive e con referenti nelle organizzazioni criminali italiane sulla rotta che porta ogni anno in barche a vela migliaia di migranti dalla Turchia alla Grecia e fino alle coste ioniche, Puglia, Calabria o nella Sicilia Jonica.
«Abbiamo avvertito di un aumento dei rischi di traffico e sfruttamento — dice Federico Fossa di Unhcr. Stiamo incoraggiando le autorità nazionali a stabilire procedure di controllo per le organizzazioni, le aziende private e gli individui che offrono supporto ai rifugiati. Abbiamo avviato la campagna per sensibilizzare sui rischi le persone in fuga dall’Ucraina». Centinaia le giovani donne e i minori di cui i familiari rimasti in Ucraina hanno perso le tracce. Difficile dire se sono già stati inglobati nel buco nero della tratta, destinati al mercato della prostituzione o dello sfruttamento sessuale o a quello delle adozioni illegali. Un fronte sul quale le associazioni, da Unhcr a Save the Children, chiedono una moratoria immediata delle adozioni.